Quale intelligenza?

Dobbiamo finalmente sfatare il mito dell’intelligenza umana, ancora troppo spesso equiparata ad una qualità divina. La
nostra intelligenza ci consente di … scoprire le leggi della fisica e al contempo di pianificare genocidi… di curare malattie rare di alcuni
bambini, e al contempo di farne morire a migliaia, di fame o di guerra…
Mentre l’intelligenza “inferiore”, quella degli altri animali, non è mai riuscita a ideare bombe al fosforo.
Queste considerazioni ci sconvolgono un po’, perché nel linguaggio comune essere intelligenti è sinonimo di buon senso, per discernere l’utile
dal dannoso, il bene dal male, per cooperare in vista di un bene comune.
Poi scopriamo che l’astratto “bene di tutti” in bocca a governanti di ogni risma, diventa riservato a pochi, a danno dei molti. Gli eletti, siano
scienziati o giudici, intellettuali o Uomini di Stato, si scopre ben presto, non sono più meritevoli né più intelligenti degli altri…
E oggi, non fidandoci più dell’intelligenza umana, stiamo pensando di andare oltre, desiderandone una artificiale, che presumiamo più oggettiva e
incontestabile.
Anche nei nostri territori valtellinesi sta girando il carrozzone della propaganda pro Intelligenza Artificiale (I.A.), travestito da dibattito
su “rischi e opportunità” dell’ennesima imposizione tecnologica. Una rivoluzione devastante, quella dell’I.A., che porterà a un efficace iper-controllo
della popolazione attraverso ogni mezzo elettronico (telefono, computer, elettrodomestico). Dietro la comodità e la gratuità dei prodotti digitali si cela infatti la sottrazione continua dei nostri dati personali: dati resi disponibili a qualsiasi Multinazionale, Governo, Polizia bene o male intenzionata, presente e futura.

Per le leggi di Mercato non esiste nulla di gratuito e quindi nel mondo del digitale quando leggiamo “gratis” dobbiamo capire che il prodotto
in vendita siamo noi stessi, sotto forma di dati: i nostri desideri, le nostre abitudini, i nostri spostamenti, le nostre relazioni sociali,
insomma … La nostra libertà.
Il progetto militare dell’intelligenza artificiale è nato nel dopoguerra ma solo ora diventa realizzabile a livello globale. Nessuno parla dei retroscena
e degli impatti devastanti di queste tecnologie: per sostenere l’I.A. e la digitalizzazione si consumano vagonate di petrolio e d’acqua. Il petrolio serve a fornire l’energia elettrica ai server (che raccolgono i dati) in ogni angolo di mondo; le riserve di acqua servono a calmarne i bollori per evitare surriscaldamenti e blocchi. L’impatto ambientale degli apparati digitali è enorme e crescente, in ogni passaggio produttivo, dal reperimento delle terre rare per costruirli, che inquina terreni e falde, alla distribuzione di chilometri di cavidotti sotto l’asfalto e sotto gli oceani, e continua… fino allo smaltimento di ogni componente elettronico
gettato nella differenziata, che va a inquinare i villaggi-discarica africani.

Lo scopo della digitalizzazione e dell’I.A. non è la soluzione al problema ecologico, visto che esso stesso ne è parte e contribuisce anzi a aumentare la voracità energetica del sistema economico.

Dovremmo smettere di delegare all’intelligenza di altri, governanti umani o disumani artificiali, e iniziare ad avere più fiducia nelle nostre capacità come singoli e come comunità, adottando strumenti che non ci rendano schiavi ma che possiamo gestire e controllare.