PENSIERI SPARSI

SI MA VOI… COSA PROPONETE? QUAL’E’ LA VOSTRA SOLUZIONE?

Spesso si pretende automaticamente che chi avanza un ragionamento critico frutto di approfondimento, sia deputato a dare le soluzioni immediate, consistenti in proposte concrete per risolvere problemi generali.
Insomma se osi sollevare dubbi e dire che qualcosa non torna: “e tu cosa proponi al posto di questo!?!”.

Le eventuali proposte avanzate, andrebbero poi vagliate insieme a quelle “istituzionali”, per confrontarne l’efficacia, in rapporto a costi e benefici, la realizzabilità secondo parametri predefiniti, e soprattutto considerando l’intoccabilità del presente sistema tecnologico ed economico, del margine di guadagno per i soggetti finanziatori, dei rapporti di forza sociali vigenti. Va mantenuta intatta la struttura dello lo status quo. Altrimenti la proposta è scartata a priori. Presupporre un cambio di paradigma comporta di essere tacciati quali utopisti.

Le soluzioni istituzionali che sono esposte con diversi scenari nelle ricerche e negli studi previsionali, si basano su dati rilevati, peraltro spesso adattabili in funzione dell’obiettivo, e puntano ad analizzare fonti energetiche alternative, nuove tecnologie, nuove prospettive sui consumi…

Infine, i report sono sottoposti al Legislatore, e scaturiscono in politiche energetiche, con leggi di obbligo e divieto, a cui le popolazioni si devono uniformare. Questo processo avviene, con diversa intensità impositiva, sia in regimi dittatoriali sia in quelli democratici. In ogni caso la competenza è spesso una maschera del carattere antidemocratico del monopolio sulle decisioni politiche.

Ma se questo è il processo decisionale: noi non siamo adatti a dare soluzioni. In parte perchè non abbiamo i requisiti di competenze, di raccolta dati, ma ancor prima perché non possiamo per indole, storia personale e prospettive, metterci nei panni del tecnico-scienziato o del politico impos(i)tore. Le risposte che riteniamo valide, possono arrivare solo a patto di abbandonare questo sistema socio/economico/produttivo: tali risposte devono partire dal basso, essere condivise nelle comunità fin dalla loro formulazione, i cui mezzi e effetti siano controllabili dalle comunità stesse, i cui rischi associati non comportino la messa in discussione dell’esistenza libera della comunità stessa, della vita sulla terra, della conservazione degli ecosistemi.

Queste risposte non si possono esaurire nel ritiro delle comunità in isole felici con la presunzione di salvarsi dal contesto globale degenerato. I bracci meccanici del produttivismo tecno-scientifico arrivano dappertutto e tutto intaccano direttamente, inglobando e assimilando, e indirettamente, con depredazione di risorse, contaminazione di nuovi orizzonti del mercato (la colonizzazione dei corpi con le medicine a mRna, il monopolio degli o.g.m.). Il sistema tecno-economico non vede limiti o confini.

Pertanto, la domanda “quale soluzione proponete?” non può avere una risposta immediata “mordi e fuggi” (da un talk show) in quanto è la domanda stessa a presupporre un soggetto delegato di ogni conoscenza, interesse, potere. La risposta si fa ‘facendosi’, mettendosi in gioco, ciascuno sentendosi parte responsabile della ricerca di soluzioni.

Può apparire un discorso facile e sviante dalla domanda, ma mi chiedo se le risposte date dal sistema politico negli ultimi 50 anni, abbiano frenato la devastazione ambientale e della salute collettiva, abbiano prevenuto dalle nocività e dalla proliferazione di armi e in generale di rischi globali. Ricordo (caso emblematico) la presunta “prevenzione” da ceppi pandemici che viene portata avanti dalla ricerca militare, proprio creando anticipatamente ceppi geneticamente potenziati con la tecnica di gain of function, a scopo di studio (e fuga da laboratorio?).

Così procedendo si sta sempre un passo indietro ad un nuovo rischio ancora più grande, resta solo da scegliere quale: pandemie artificiali, Intelligenza artificiale, O.g.m. incontrollabili e monopoli privati su tutto il vivente.

La risposta è resa chiara dai fatti: sicuramente non questo!

 

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UN PENSIERO PORTATO IN PIAZZA A SONDRIO

Il green pass è facoltativo, come lo era la tessera del partito fascista. Dal 1938 la mancanza di iscrizione al partito comportava l’impossibilità di accesso al lavoro e pesanti sanzioni per quegli imprenditori che avessero deciso di assumere un dipendente che era sprovvisto della tessera fascista. Guarda caso era verde anche quella.”

Antiautoritari di Valtellina

 

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TUTTA COLPA DEI NO PASS!

– La distruzione della sanità pubblica territoriale a favore di quella privata?

– La malagestione della pandemia, i malati spostati nelle Rsa? (delibera della giunta Lombarda la numero – XI/2906, 8 marzo 2020)

– Il clima di paura e terrore diffuso mediaticamente: traumi psicologici diffusi e caccia all’untore?

– Tutto chiuso, fabbriche aperte, decide Confindustria: il contagio in fabbrica non si diffonde?

E ancora…
– L’opera faraonica mediatica inutilizzata dell’Ospedale in Fiera?

– Sperpero di soldi pubblici per la fornitura più costosa di camici di moglie e cognato?

– Lucro della vendita di mascherine certificate false?

I responsabili hanno nomi e cognomi. Non serve fantasia. I responsabili sono Istituzioni, Governo nazionale e locale, i gestori
del potere politico.
Le vittime, dall altra parte, tra sanitari e popolazione ’ tutta, sono costrette a subire ordinanze, decreti, degenze e decessi.
In questo clima pericoloso meglio creare un nuovo nemico pubblico, che sia allo stesso tempo abbastaza definito e piuttosto vago.

ABBASTANZA DEFINITO: persone che scendono in piazza con coraggio sfidando insulti e manifestando…

e PIUTTOSTO VAGO: di modo che il primo pirla di estrema destra che si infiltra sbraitando per troneggiare, viene usato dai media come rappresentante di una
organizzazione in realtà spontanea, popolare, apartitica.

Come al solito, si ricorre alla narrazione di una emergenza infinita, con sacrifici e restrizioni sempre nuove e sempre per gli altri, che dividono, discriminano e creano presunti nemici, utili a distrarre la pubblica opinione dai veri responsabili.

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OBIETTIVI DISATTESI E COSE GIA’ VISSUTE   

(ecologismo – ambiente – movimento fridays for future)

L’obiettivo conclamato delle manifestazioni per il clima è quello di convincere i leader politici ed i governi a prendere in considerazione le ricerche scientifiche su inquinamento e cambiamento climatico. Appare sempre più evidente che gli appelli alle istituzioni sono vani. Si assiste invece alla diffusione mediatica di messaggi “green”, e per assurdo, si ottiene ottiene anche il sostegno morale da parte delle stesse istituzioni. Media, leader politici, e infine… multinazionali che indossano la verde veste e tentano di insinuarsi e fare da “capofila” nelle rivendicazioni a tutela dell’ambiente promuovendo stili di vita corretti e presunte produzioni senza impatto.

Chi ha memoria storica avrà un deja-vu nell’assistere a questo tentativo malcelato del sistema economico e politico di riassorbire rivendicazioni radicali trasformandole in istanze controllabili, inquadrate, a cui potrà essere data una risposta nell’unica lingua conosciuta dal Capitale: nuovi prodotti (bio, biodegradabile, burger vegetali, carburante green) e nuove tecnologie (batteri mangia plastica, carne in laboratorio, fonti rinnovabili), comunque tutte emanazioni dello stesso mondo economico che causa questa crisi. Quello in atto è solo un tentativo di rinnovamento del sistema economico, che si premura di garantirsi una nuova sponda di acquirenti e consumatori, siano privati cittadini sensibili all’ambiente o ‘istituzioni illuminate’, convinte di investire bene in soluzioni tecnologiche avveniristiche.

Quale è la nostra risposta? Per lo più esultanza e speranza! Crediamo di aver ottenuto soluzioni concrete dalla ricerca scientifica, ma si tratta solo di risposte pronte e confezionate. E ci illudiamo di questa facile risposta, dimenticando che il mercato non funziona nell’interesse comune, ma per il profitto di pochi, che il mercato non agisce per sostituzione, ma per ‘affiancamento’: la Democrazia Del Consumo ripone sullo scaffale del supermercato globale i nuovi prodotti green a fianco dei vecchi inquinanti che continuano a coesistere: le vecchie bistecche di manzo, le vecchie auto a diesel, l’energia da carbone e nucleare, petrolio e metano. Sfatiamo un mito: le fonti energetiche rinnovabili non sono alternative ma complementari a quelle più inquinanti e servono ad ampliare il parco energetico, necessario all’incremento di domanda di energia che alimenta la famosa crescita infinita! In Italia, stando ai dati disponibili di settembre 2019 è avvenuto il famoso disaccoppiamento (decoupling), ma al contrario: aumentano le emissioni a fronti del Pil che cala.

“l’ambientalismo senza lotta di classe è semplicemente giardinaggio” (chico mendes)

 

Le diseguaglianze non riguardano solo l’accesso alle risorse ma rispecchiano nei consumi e nelle emissioni inquinanti.

Anche un discorso riduzionista sulle emissioni, non può prescindere delle disparità economiche e sociali esistenti.

I cambiamenti climatici avranno conseguenze critiche soprattutto su aree ove vivono fasce più povere della popolazione mondiale, causando migrazioni e conflitti sociali.

Il 10% più ricco del pianeta produce il 49% dell’inquinamento mondiale, in questo 10% ci siamo noi. Cambiamento climatico e ingiustizia sociale sono due problemi indissolubili.

Non esiste ecologismo senza critica dell’attuale ordine economico mondiale.

Immagine dal report di Oxfam, “Extreme Carbon Inequalities”, 2015

E allora… che facciamo?

Innanzitutto possiamo scegliere di diventare più indipendenti dalla grande distribuzione (GDO), possiamo adottare in piccolo e in condivisione azioni dirette che partono anche da semplici tecniche di coltivazione e autoproduzione. Possiamo puntare al riuso, recuperarando pratiche e conoscenze, privilegiare l’utilizzo di oggetti su cui abbiamo abilità di intervento per riparazione.Possiamo rinunciare a ‘cose’ meno necessarie e superflue, e a bisogni indotti. Ma, di certo riduzione dei consumi e autoproduzione non sono la risposta definitiva, perché finché un intero sistema energivoro continuerà a reggersi in piedi nessuna scelta individuale per quanto radicale è in grado di evitarci la catastrofe.

Per essere veramente indipendenti da questo sistema l’autoproduzione è un buon primo passo, ma acquisisce un vero significato solo se accompagnata dalla critica radicale e dalla messa in discussione concreta di tutto ciò che mina la salute della terra e quindi anche la nostra libertà.

A livello locale l’interesse per l’ambiente sembra limitarsi al ritorno economico che dà il turismo, e nonostante questo la Valtellina si denota negativamente per il cemento dei capannoni sparsi per tutta la Valle e le costruzioni immobiliari dissennate. Le principali arterie di asfalto che percorrono l’intera Valle sono le uniche vie degne di potenziamento, prioritariamente a tutela della propensione turistica fatta di turismo mordi e fuggi, prendi la sagra e scappa! Cosa dire dell’esaltazione diffusa per le venture Olimpiadi Invernali del 2026 con il seguito di nuovi investimenti infrastrutturali e turistici: l’esempio degli scempi precedenti (es. nel Torino 2006) potrebbe fare da monito… Un altro fiore all’occhiello della Valtellina è l’allevamentofabbrica di bestiame per ottenere carni e formaggi, anche se oggi sappiamo che l’allevamento è il settore tra i più impattanti per consumo di risorse e emissioni. Come si concilia infine, la difesa della vita selvatica, sostenuta spesso con petizioni, la difesa dei boschi (che le ‘nostre foreste’) e degli ecosistemi, con una caccia (sport???) che si auspica sempre più aperta? La caccia porta morte per definizione, e diffonde inquinamento da piombo con conseguenze a catena: la caccia è la manifestazione più evidente dell’atteggiamento dell’Uomo che procede con incedere devastante incurante di vita, ambiente, natura.

Come si vede, possiamo avere anche noi nel nostro piccolo diverse questioni degne di attenzione.

 

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ADIL UCCISO DAL PROFITTO!

 

Il 18 giugno 2021, durante lo sciopero nazionale della logistica, Adil Belakhdim, 37 anni, coordinatore dei Si Cobas di Novara è stato investito e ucciso da un camion davanti ai cancelli della Lidl di Biandrate, nel Novarese. Alla Lidl è in corso una delle tante lotte nel comparto della logistica.
In pochi giorni sono aumentati gli episodi di violenza da parte dei padroni verso i lavoratori, prima con l aggressione ai lavoratori ’ FedEx nel Lodigiano poi con quella al presidio dei lavoratori davanti alla Texprint di Prato. Inoltre sempre più spesso polizia e carabinieri intervengono con cariche e pestaggi e coprono le aggressioni da parte di gruppi organizzati assoldati dal padrone di turno.
Adil Belakhdim non è il primo lavoratore ucciso in questo modo: nel 2016 fu Abd Elsalam Ahmed Eldanf, a essere morto schiacciato da un tir mentre partecipava ad un picchetto davanti alla GLS di Piacenza.
In questi anni, le lotte autoorganizzate con i sindacati di base dei facchini dei tanti magazzini e centri di smistamento merci hanno portato a diverse vittorie, riuscendo a spezzare la cappa della paura, della rassegnazione e del ricatto legato al rischio della perdita del permesso di soggiorno in caso di licenziamento. La crescente violenza padronale verso i lavoratori è la risposta a queste giuste proteste.
I magazzini di raccolta e distribuzione delle merci sono centri nevralgici per la Grande distribuzione Organizzata e per il commercio on line (Amazon e simili): spesso il Consumatore che va a fare la spesa al supermercato non sa nulla di questi luoghi, che risultano invisibili così come invisibile rimane lo sfruttamento di chi ci lavora. Siamo vicini e solidali alle lavoratrici e ai lavoratori che lottano a fianco di Adil, alla sua famiglia e a tutti i lavoratori e lavoratrici sotto attacco a causa delle lotte che stanno portando avanti.

Se la vita di un giovane uomo, lavoratore e padre, vale meno di una consegna merci e del mero profitto, allora dobbiamo iniziare a interrogarci a fondo su quali siano oggi le priorità nella nostra società e nelle nostre vite.

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TORNARE
quante storie
sulle motivazioni
e sui perchè
scopo e fine senza fine

ci vorrebbe meno testa
e più cuore
come un animale
che agisce il presente

ma poi bisogna capire
per non commettere l’errore
di generalizzare
di fare confusione

e allora è giusto pensare
conviene comunque ragionare
metterci la testa
e studiare

ma qual’è il limite
del vagare col cervello
in un mare indistinto
per trovare il vero

il vero vero
chi lo può raggiungere
a volte è necessario staccare
e lasciare andare

ma non si può mollare
perchè ogni idea
contributo, impegno mancato
è qualcosa di perso e irrecuperabile

la nausea che torna
nel vedere il reale
che non combacia affatto
con ciò che sarebbe giusto

e allora giusto è tornare
come un animale
al cuore pulsante
del bosco 

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IL TEMPO NELLE COSE
Com’è importante il tempo delle cose,
com’è importante il tempo nelle cose.
Importante è la storia dietro l’oggetto di uso comune, che fu un’idea, uno strumento, una ricchezza,
un miglioramento, una presenza, un aiuto, un invito. Ora un ricordo, un precursore, una
testimonianza, un monito.
Importante è il momento in cui fare, in cui agire, in cui mettere in pratica. Non prima, non dopo,
proprio ora.
Importante è il tempo dell’attesa, del riposo, della fermentazione.
Solo così le idee, davvero, diventano azione.

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