Montagna e libertà: no al luna park alpino

Montagna e libertà: no al luna park alpino

Da tempo ormai sentiamo come un ritornello ripetere il mantra del turismo sostenibile, anzi slow! Questa sarebbe l’unica salvezza per i nostri territori, ma non è altro che il tentativo di spremere l economia ’ turistica basata sullo spostamento di masse di persone nei nostri spazi ristretti: basti vedere l’assalto degli ultimi anni alla Val di Mello.

Spazi che sempre più perdono la loro connotazione di bellezza, la gratuità del paesaggio e stupore della scoperta della differenza.

Assistiamo al fiorire di luoghi sempre più omologati, standardizzati e virtuali. L’ultimo esempio in ordine di tempo è quello dei borghi meta-verso a realtà aumentata, dove dotati di visori si può passeggiare per le strade e osservare tradizioni antiche (o inventate ad arte, se necessario): i primi due comuni italiani sperimentatori di questa trovata sono Albaredo e Buglio in Monte, grazie ai finanziamenti di regione Lombardia.

Altri nefasti esempi sono qr-code e telecamere che spuntano a ogni angolo, anche sui sentieri, perché tutto sia a portata di click e link, sicuro e tracciato. Il controllo totale: la spontaneità scompare. Le  panchine giganti, i ponti sospesi, le piattaforme-belvedere e i parchi avventura: mete da raggiungere comodamente per un selfie, adatti alle esigenze commerciali dei vicini centri urbani.

Il prossimo mega-evento Milano Cortina 2026, con i suoi nuovi mostri di cemento e la militarizzazione dei territori, non farà che peggiorare una situazione già pessima. Nella neo-lingua del turismo sostenibile, ogni spazio naturale non sfruttato ci viene descritto come trascurato o pericoloso, ed ecco allora, di emergenza in emergenza, tra lupi, orsi e cinghiali, la necessità di controllare e addomesticare tutto. La natura a misura d’uomo: unico padrone del pianeta che sta distruggendo.

Noi crediamo invece che la montagna debba tornare ad essere uno spazio di libertà e di ribellione, dove l’intervento umano faccia passi indietro. Ci sembra quindi sempre più urgente contrastare questo modello artificiale di montagna e di società che sta prendendo piede nei nostri territori, a favore invece di più spazi liberati, sperimentazioni di autodeterminazione e autogestione dal basso, senza mediazioni istituzionali ed economiche. Non abbiamo ricette pronte o soluzioni facili, e crediamo che solo dal confronto diretto e dal dubbio che abita in ognuno di noi possano partire nuove esperienze.

Sicuramente sappiamo cosa non vogliamo: il lunapark alpino hi-tech abitato da automi dotati di visori, in cui la natura è relegata sullo sfondo e gli animali divengono merce da sfruttare per i “prodotti a km 0″ oppure pericoli da abbattere.