Non ce la raccontano giusta
Nell’agosto 1968 le truppe del Patto di Varsavia invadono la Cecoslovacchia, stroncando sul nascere le aperture democratiche e libertarie della Primavera di Praga e del Sessantotto globale. I governanti della piccola repubblica rivolgendosi alla popolazione danno l’indicazione di fare solo resistenza passiva, coscienti che sarebbero stati deposti e sostituiti da un governo fantoccio imposto dagli occupanti. Dubček e Svoboda rinunciano al loro potere, legittimato dal popolo, evitando così distruzioni e inutili spargimenti di sangue. Breznev e i dirigenti URSS hanno militarmente vittoria facile ma l’invasione della Cecoslovacchia segna per l’Impero sovietico l’inizio della fine, una decadenza lenta fino alla dissoluzione.
Altri tempi e altra storia quanto accaduto in Ucraina dal 2014 ad oggi. La cosiddetta “rivoluzione arancione” si rivela un golpe orchestrato per inserire il Paese nell’orbita occidentale sottraendolo all’influenza russa. In questi periodici e continui scontri geopolitici tra USA, Russia e Cina, vogliamo conoscere le dinamiche del Risiko mondiale, restando fedeli all’antico motto: né Dio, né Stato, né servi, né padroni!
Capire innanzitutto che non ce la raccontano giusta e che la prima vittima di ogni guerra è la verità. Chi si opponeva al Primo Macello Mondiale (1914-1918) era considerato un filo-austriaco. Essere contrari al Secondo Macello (1939-1945) significava essere disfattisti e anti-italiani. Oggi a essere critici sulla benzina Nato gettata sul fuoco russo, si viene bollati come filo-putiniani. Deludente come sempre l’Unione Europea che ancora una volta si manifesta essere una unione monetaria delle banche e dell’alta finanzia del capitalismo occidentale a trazione anglosassone.
Nessuna apertura c’è stata ai disertori di entrambe le parti, ma solo sanzioni e altra benzina sul fuoco. Trent’anni di liberismo economico d’assalto in Ucraina non ha portato molto benessere alla popolazione: manodopera a basso costo, uteri in affitto, “cavie” per industria farmaceutica, emigrazione all’estero per sopravvivere: basti pensare alle decine di migliaia di badanti ucraine da anni in Italia. Con lo scoppio della guerra civile nel 2014 e l’invasione russa del 2022 la mobilitazione è permanente sia in campo civile che militare. Stop a scioperi e diritti sindacali, libertà di licenziamenti e legge marziale, chi rifiuta la divisa è costretto alla galera.
<<Armiamoci e partite>> dice Zelensky per riconquistare Donbass, Crimea, e rimanere legati al Fondo Monetario Internazionale, alla Nato e alle multinazionali già presenti da tempo in Ucraina. Non importa il massacro delle popolazioni e il pericoloso nazionalismo alimentato su entrambi i fronti, in un crescendo equilibrato di armamenti che non consente vincitori e vinti. Non importa neppure che il futuro governo di Zelensky e dei suoi sceneggiatori sarà ispirato allo Stato di Israele.
Per il momento, a guerra ancora in corso, le principali aziende italiane (Eni, Enel, Leonardo…) stanno già organizzando i grandi affari della ricostruzione e aziende italiane potranno essere delocalizzate in Ucraina, nella sicurezza che eventuali dissidenti, scioperanti e ribelli sociali subiranno la stessa sorte dei palestinesi. Mentre lo spettro della Terza Guerra Mondiale si aggira non solo in Europa, i fantasmi di Dubček e Svoboda ci ricordano che se i poteri buoni, le piccole eccezioni che confermano la regola non hanno speranza, ogni Impero, forte di solidi poteri criminali, non ha futuro. Questo assurdo sistema prima o poi collasserà sulle spalle delle nuove generazioni.