Obbligo vaccinale e tutele negate
A Giugno in tutta Italia sono partite migliaia di lettere di richiamo al personale medico, infermieristico e sanitario, “colpevole” di non volersi vaccinare con i vaccini sperimentali anti covid. Queste migliaia di persone (10mila solo in Lombardia) ora stanno facendo ricorso contro la minacce di sospensione dal lavoro, per difendere la propria scelta individuale e professionale. Si tratta di lavoratori e lavoratrici che, durante la prima fase della pandemia, hanno affrontato l’emergenza senza direttive chiare, con turni massacranti, privi di protezioni efficaci per sé e per i pazienti, sotto minaccia dirichiamo se chiedevano maggiori tutele. Ma parallelamente nella propaganda televisiva venivano chiamati eroi.
Nelle strutture socio-sanitarie sono mancati sostegni da parte delle ATS, che al contrario hanno scaricato il “peso” dei contagiati gravi o anziani nelle RSA scatenando nuovi focolai. I più deboli sono stati falciati da una gestione centrale sbagliata, confusa e impreparata.
Ma oggi lo Stato sfrutta proprio la retorica della difesa dei soggetti deboli per imporre l’obbligo vaccinale al personale socio-sanitario. Guardando le decisioni prese, un possibile slogan istituzionale di inizio pandemia poteva essere “prima il profitto (dopo le vite)! “. Poi è arrivato il lessico militarista, culminato nella gestione in tuta mimetica della fase vaccinale.
Militari: i nuovi eroi in prima serata nella guerra al virus!
Sanitari e socio-sanitari, invece, declassate in poco tempo da eroi a untori. Mai ascoltate, sempre sotto minaccia, prima sovraesposti al virus senza tutele adeguate, ora costretti a lottare da sole, spesso senza aiuto di colleghi e sindacati, di fronte ad un obbligo vaccinale ingiusto, imposto solo alla loro categoria, e posti di fatto di fronte alla minaccia “o il lavoro o la libertà di scelta” sul proprio corpo e sulla propria salute.
La difesa della salute per lo Stato è mera propaganda… ma se il mondo va a rotoli, è perché non mi vaccino.