Terra promessa e nazionalismo religioso

Pare non ci siano molte alternative per i palestinesi di Gaza. Con la scusa della guerra contro Hamas lo Stato di Israele sta operando un massacro senza precedenti, allargandosi fino alla Cisgiordania. I palestinesi sono un ostacolo alla Terra Promessa e quindi vanno tolti di mezzo in nome della democrazia. Un minuscolo
olocausto, un’affermazione di dominio tanto per mettere in chiaro chi decide e deciderà i destini del Medio Oriente.
Sei milioni gli ebrei assassinati nei campi di sterminio nazifascisti. Fortunatamente i palestinesi non sono così numerosi. Di certo agli attuali
governanti israeliani – esponenti della destra più religiosa e autoritaria – non dispiacerebbe l’idea di una drastica soluzione, non considerando
che le simpatie per gli ebrei durante e dopo le persecuzioni del secolo scorso sempre più stanno evaporando come le acque del Mar Morto. Governo,
esercito e coloni stanno eliminando migliaia di palestinesi ed è come se i 6 milioni di ebrei fossero stati uccisi due volte. Oggi i nazionalisti
religiosi vogliono dare il colpo finale all’occupazione delle terre palestinesi con una popolazione privata di ogni fonte di sussistenza, senza
più case abitabili e ridotta alla fame, da espellere in luoghi lontani.
Qualche ministro israeliano ha prospettato una deportazione in Congo o in Arabia Saudita. E ci si chiede… perché non in Florida o in California?
Ipocrisia democratica di U.S.A., Unione Europea, Paesi dell’area occidentale e opportunismo economico dei governi arabi stanno scavando la fossa al
popolo palestinese che, a questo punto, è diventato scomodo un po’ a tutti.
Si rinnovano poi alleanze e si riconfermano affinità politiche. Il governo tedesco con isteria ha subito represso le prime manifestazioni pro Palestina
e persegue ogni atto, considerato antisemita, forse per cancellare qualche senso di colpa. I governanti italiani, eredi del fascismo storico,
sono in piena sintonia con quelli israeliani, a dimostrazione che da ogni padre autoritario del Nazionalismo può generarsi un rinnovato Fascismo,
in ogni epoca e in ogni luogo. Anche in un Paese fondato da superstiti di Auschwitz.
E poi basta con questo mito irrazionale del Messia e di una Terra Promessa che per volontà divina, diritto antico e moderna forza militare deve
essere ad ogni costo la Palestina. Per noi terra promessa significa un Pianeta dove c’è posto per tutti, pulito da ogni autorità e logiche di dominio.
Eco-socialmente sostenibile.

L’insostenibile pesantezza della democrazia

Con un forte astensionismo che a volte tocca punte di oltre il 50% governa non chi ottiene la maggioranza ma chi prende più voti. Di quale governo del popolo stiamo dunque parlando? Popolo che in gran parte fatica ad arrivare a fine mese, sfiduciato dalle istituzioni democratiche.
Tutto questo pare interessare poco ai governanti di turno che, una volta prese in mano le leve del comando, grazie ad una pericolosa delega in bianco,
si rendono indipendenti dai loro elettori. Leggi e regole sempre più restrittive limitano la vita dei semplici cittadini mentre la tabella di
marcia dettata dai soliti poteri forti avanza incontrastata.
Speculazioni economiche, energetiche, sanitarie, immobiliari restano la costante di ogni governo, orientato ad uno sviluppo sempre
meno sostenibile in senso ecologico e sociale. Il disastro ambientale avanza inesorabile, si allarga l’abisso tra ricchi e poveri, mentre i ceti medi
scivolano in basso.
Quante nefandezze e crimini in nome della democrazia. Dall’invio di armi e munizioni ai Paesi belligeranti al voler realizzare opere faraoniche
(il ponte sullo stretto) all’Alta Velocità penalizzando la rete ferroviaria locale, alla devastazione del territorio montano, non solo a causa di
infrastrutture olimpiche. Il 2026 si avvicina. Nel frattempo studenti in piazza per il diritto allo studio e alla casa
vengono brutalmente manganellati. Cariche contro scioperi e picchetti di lavoratori della logistica e di tutti coloro che protestano per affermare
sacrosanti diritti e spazi vitali. Addirittura sindacalisti di base arrestati con l’accusa di “estorsione” per la richiesta di aumenti salariali.
Purtroppo si tende a confondere l’idea di democrazia con quella di libertà, usata da tutti gli uomini e le donne di Potere per sciacquarsi la bocca durante le campagne elettorali. Il concetto di uguaglianza è andato disperso da tempo e pure la fraternità è messa assai male.
Ma è appunto dalla fraternità che bisognerebbe ripartire, con meno social e più rapporti diretti, fisici e orizzontali tra le persone. Ricreare
forme di comunità partendo dalla base dei nostri bisogni è oggi indispensabile per uscire dall’apatica rassegnazione.
I nostri problemi non sono solo un fatto personale che possiamo risolvere individualmente. La questione è sociale ed è socialmente che dobbiamo
esprimere i nostri bisogni contro chi ci vuole umiliati e offesi. Ricreare forme di autonomia per sviluppare proteste e lotte dal basso è l’azione
collettiva più logica e intelligente da mettere in campo.
Tutto il resto è aria fritta.

Democrazie totalitarie

Prima del 1948 in Palestina convivevano tranquillamente palestinesi arabi e palestinesi ebrei. E c’era pure qualche cristiano. Una libera federazione amministrata senza la piramide dello Stato che sostituisse il protettorato inglese (ancora loro a creare problemi) non era certo contemplata. Si è scelto la soluzione

peggiore, cioè fondare lo Stato di Israele per raccogliere gli ebrei della diaspora dando così avvio alla catastrofe. Un vero peccato anche perché gli ebrei sparsi per il mondo sono sempre stati una ricchezza culturale e non pochi hanno contribuito al pensiero antiautoritario anarchico e rivoluzionario.

Gli ebrei nazionalizzati e dotati di uno Stato autonomo non hanno fatto altro che diventare a loro volta dei colonialisti togliendo terre, diritti e libertà agli abitanti del luogo non ebrei. Cioè agli arabi palestinesi.

Tutto il resto è conseguenza che arriva fino ai giorni nostri con il genocidio di Gaza. Un

grave problema che ci crea Israele e che i suoi metodi autoritari, la detenzione amministrativa con la carcerazione pur in assenza di reati, un sistema soffocante di controllo, la presenza costante sul territorio di polizia e militari è diventato un pessimo

modello per ogni democrazia occidentale.

E nessuno ci toglie dalla testa l’idea che anche una democrazia può essere totalitaria.

Contro i violentatori della montagna

Devastazione e saccheggio stanno caratterizzando il rapporto con una montagna sempre più urbanizzata, resa serva e colonizzata da interessi e poteri forti metropolitani. Nel nostro caso valtellinese si parla di Milano, capitale economica d’Italia e motore
di quelle politiche liberiste che poi fanno scuola nel resto del Paese.
Per chi non avesse le idee chiare ricordiamo che liberismo significa favorire le speculazioni
di pochi a danno dell’intera comunità e di un territorio, sempre più violentato
dalle logiche del profitto fine a se stesso.
Cementificare, asfaltare, colonizzare la montagna vuol dire molto semplicemente
ucciderla di morte lenta. Incendi, alluvioni, frane ci ricordano le nostre responsabilità
quotidiane a partire da una classe di amministratori marpioni non certo orientati al bene comune. Se poi è vero che ognuno ha i governanti che si merita, le complicità nella devastazione coinvolgono
ogni ceto sociale.
Anche il silenzio è complice nel permettere il continuo consumo di suolo e la realizzazione di grandi opere spesso inutili e dannose. Gli stessi eventi calati dall’alto, stile Olimpiadi Invernali 2026, sviluppano un colonialismo turistico come pessimo modello economico e
culturale che può solo danneggiare la montagna. Le Alpi che abitiamo andrebbero vissute con rispetto e umiltà, non vanno trasformate nel “paese dei balocchi” per soddisfare i desideri
consumisti di un turismo invasivo, sterile e assai inquinante. In unrapporto di simbiosi, queste montagne hanno fornito risorse vitali, autonomia e rifugio ai nostri antenati che vivevano una dura vita in autosufficienza, curando i boschi, costruendo abitazioni, baite, rifu-gi, muri a secco e terrazzamenti lasciati in eredità alle nostre gene-razioni. E’ un peccato che questo patrimonio stia andando alla malora con l’abbandono delle terre alte per seguire le sirene dell’economia industriale e il mito della città come luogo di liberazione.
Ostacoli alla modernità, resistenti ed accoglienti allo stesso tempo, le montagne, nel corso dei secoli, hanno ospitato eretici, perseguitati religiosi e politici, contrabbandieri, ribelli, profughi, partigiani …
Ci si allarma oggi per l’arrivo di migranti e non si pensa agli innu-merevoli giovani che dopo anni di studio abbandonano le nostre valla-te in cerca di migliori prospettive future.
Altri giovani (pochi) stanno invece coltivando vigne e terreni incol-ti, recuperando antiche sementi locali e cercando di animare cultu-ralmente paesi, frazioni e contrade. Alcuni provengono da fuori Valle lasciando per necessità o per scelta città soffocanti e zone urbani-sticamente degradate.
Che la montagna continui ad essere territorio di accoglienza per tut-ti coloro desiderosi di viverla con rispetto per sopravvivere a tempi sempre più difficili.
La maledizione delle Alpi colpisca invece chi la montagna la devasta e la saccheggia solo ed esclusivamente per accumulare denaro e potere. 

Non ce la raccontano giusta

Non ce la raccontano giusta

Nell’agosto 1968 le truppe del Patto di Varsavia invadono la Cecoslovacchia, stroncando sul nascere le aperture democratiche e libertarie della Primavera di Praga e del Sessantotto globale. I governanti della piccola repubblica rivolgendosi alla popolazione danno l’indicazione di fare solo resistenza passiva, coscienti che sarebbero stati deposti e sostituiti da un governo fantoccio imposto dagli occupanti. Dubček e Svoboda rinunciano al loro potere, legittimato dal popolo, evitando così distruzioni e inutili spargimenti di sangue. Breznev e i dirigenti URSS hanno militarmente vittoria facile ma l’invasione della Cecoslovacchia segna per l’Impero sovietico l’inizio della fine, una decadenza lenta fino alla dissoluzione.

Altri tempi e altra storia quanto accaduto in Ucraina dal 2014 ad oggi. La cosiddetta “rivoluzione arancione” si rivela un golpe orchestrato per inserire il Paese nell’orbita occidentale sottraendolo all’influenza russa. In questi periodici e continui scontri geopolitici tra USA, Russia e Cina, vogliamo conoscere le dinamiche del Risiko mondiale, restando fedeli all’antico motto: né Dio, né Stato, né servi, né padroni!

Capire innanzitutto che non ce la raccontano giusta e che la prima vittima di ogni guerra è la verità. Chi si opponeva al Primo Macello Mondiale (1914-1918) era considerato un filo-austriaco. Essere contrari al Secondo Macello (1939-1945) significava essere disfattisti e anti-italiani. Oggi a essere critici sulla benzina Nato gettata sul fuoco russo, si viene bollati come filo-putiniani. Deludente come sempre l’Unione Europea che ancora una volta si manifesta essere una unione monetaria delle banche e dell’alta finanzia del capitalismo occidentale a trazione anglosassone.

Nessuna apertura c’è stata ai disertori di entrambe le parti, ma solo sanzioni e altra benzina sul fuoco. Trent’anni di liberismo economico d’assalto in Ucraina non ha portato molto benessere alla popolazione: manodopera a basso costo, uteri in affitto, “cavie” per industria farmaceutica, emigrazione all’estero per sopravvivere: basti pensare alle decine di migliaia di badanti ucraine da anni in Italia. Con lo scoppio della guerra civile nel 2014 e l’invasione russa del 2022 la mobilitazione è permanente sia in campo civile che militare. Stop a scioperi e diritti sindacali, libertà di licenziamenti e legge marziale, chi rifiuta la divisa è costretto alla galera.

<<Armiamoci e partite>> dice Zelensky per riconquistare Donbass, Crimea, e rimanere legati al Fondo Monetario Internazionale, alla Nato e alle multinazionali già presenti da tempo in Ucraina. Non importa il massacro delle popolazioni e il pericoloso nazionalismo alimentato su entrambi i fronti, in un crescendo equilibrato di armamenti che non consente vincitori e vinti. Non importa neppure che il futuro governo di Zelensky e dei suoi sceneggiatori sarà ispirato allo Stato di Israele.

Per il momento, a guerra ancora in corso, le principali aziende italiane (Eni, Enel, Leonardo…) stanno già organizzando i grandi affari della ricostruzione e aziende italiane potranno essere delocalizzate in Ucraina, nella sicurezza che eventuali dissidenti, scioperanti e ribelli sociali subiranno la stessa sorte dei palestinesi. Mentre lo spettro della Terza Guerra Mondiale si aggira non solo in Europa, i fantasmi di Dubček e Svoboda ci ricordano che se i poteri buoni, le piccole eccezioni che confermano la regola non hanno speranza, ogni Impero, forte di solidi poteri criminali, non ha futuro. Questo assurdo sistema prima o poi collasserà sulle spalle delle nuove generazioni.

Montagna e libertà: no al luna park alpino

Montagna e libertà: no al luna park alpino

Da tempo ormai sentiamo come un ritornello ripetere il mantra del turismo sostenibile, anzi slow! Questa sarebbe l’unica salvezza per i nostri territori, ma non è altro che il tentativo di spremere l economia ’ turistica basata sullo spostamento di masse di persone nei nostri spazi ristretti: basti vedere l’assalto degli ultimi anni alla Val di Mello.

Spazi che sempre più perdono la loro connotazione di bellezza, la gratuità del paesaggio e stupore della scoperta della differenza.

Assistiamo al fiorire di luoghi sempre più omologati, standardizzati e virtuali. L’ultimo esempio in ordine di tempo è quello dei borghi meta-verso a realtà aumentata, dove dotati di visori si può passeggiare per le strade e osservare tradizioni antiche (o inventate ad arte, se necessario): i primi due comuni italiani sperimentatori di questa trovata sono Albaredo e Buglio in Monte, grazie ai finanziamenti di regione Lombardia.

Altri nefasti esempi sono qr-code e telecamere che spuntano a ogni angolo, anche sui sentieri, perché tutto sia a portata di click e link, sicuro e tracciato. Il controllo totale: la spontaneità scompare. Le  panchine giganti, i ponti sospesi, le piattaforme-belvedere e i parchi avventura: mete da raggiungere comodamente per un selfie, adatti alle esigenze commerciali dei vicini centri urbani.

Il prossimo mega-evento Milano Cortina 2026, con i suoi nuovi mostri di cemento e la militarizzazione dei territori, non farà che peggiorare una situazione già pessima. Nella neo-lingua del turismo sostenibile, ogni spazio naturale non sfruttato ci viene descritto come trascurato o pericoloso, ed ecco allora, di emergenza in emergenza, tra lupi, orsi e cinghiali, la necessità di controllare e addomesticare tutto. La natura a misura d’uomo: unico padrone del pianeta che sta distruggendo.

Noi crediamo invece che la montagna debba tornare ad essere uno spazio di libertà e di ribellione, dove l’intervento umano faccia passi indietro. Ci sembra quindi sempre più urgente contrastare questo modello artificiale di montagna e di società che sta prendendo piede nei nostri territori, a favore invece di più spazi liberati, sperimentazioni di autodeterminazione e autogestione dal basso, senza mediazioni istituzionali ed economiche. Non abbiamo ricette pronte o soluzioni facili, e crediamo che solo dal confronto diretto e dal dubbio che abita in ognuno di noi possano partire nuove esperienze.

Sicuramente sappiamo cosa non vogliamo: il lunapark alpino hi-tech abitato da automi dotati di visori, in cui la natura è relegata sullo sfondo e gli animali divengono merce da sfruttare per i “prodotti a km 0″ oppure pericoli da abbattere.

Ieri le bombe oggi le bombolette

Ieri le bombe oggi le bombolette

sono tutte scuse per metterci alle strette

Lunedì mattina 27 febbraio, alle ore 6.30, sono state effettuate due perquisizioni domiciliari a Sondrio ad opera dei locali carabinieri.

Le motivazioni ufficiali dell’operazione si riferiscono all’accusa di “danneggiamento aggravato” per delle scritte murali comparse a Morbegno in solidarietà ad Alfredo Cospito.

Sequestrati come da consuetudine volantini, riviste, telefoni smart e computer.

Vedremo in un futuro prossimo se la magistratura incaricata di queste indagini dimostrerà altrettanta solerzia nel verificare le infiltrazioni mafiose ‘ndranghetiste in merito agli appalti delle opere olimpiche in Valtellina.

Per il bene comune contro la razza padrona

Per il bene comune contro la razza padrona Venti di guerra continuano a soffiare in ogni angolo del Pianeta. Sanguinose operazioni militari a intensità variabile, dall’Ucraina alla Siria, dallo Yemen alla Palestina, alla miriade di conflitti locali che stanno devastando il continente africano.

La “guerra permanente” a profughi e migranti che fuggono da questi conflitti è solo un aspetto del cinismo che i nostri governi più o meno democratici mettono in campo contro i “dannati della terra”. Un cinismo utile a difendere i soliti privilegi di chi è abituato a vivere nell’oro e per ingordigia non è disposto a cederne neppure una minima parte. In questo contesto anche nei Paesi occidentali e benestanti aumentano a vista d’occhio i “dannati della terra”.

I costi materiali della sopravvivenza sono pericolosamente in aumento mentre il potere d’acquisto di paghe, salari, pensioni, redditi vari sono orientati al ribasso.

La crisi economica, guarda caso, incrementa scandalosamente i profitti di burocrati, sanitari, palazzinari, nuovi mafiosi dell’imprenditoria, vecchi manager dell’industria bellica…in poche parole la razza padrona sta tirando troppo la corda con l’arroganza tipica di chi si sente vincente, impunito e superiore ad ogni etica. L’aumento dei super-profitti viaggia di pari passo con la crescita di licenziati, senza casa, sfrattati, precari in difficoltà, poveri che non ce la fanno più, marginali sempre più ai margini e giovani senza futuro. Oggi non è più tempo di mediazioni. O si sta con la razza padrona e la ragion di Stato, con i suoi apparati bellici e militari, le quotidiane repressioni contro ogni dissenso, le sue infami galere di cui il 41 bis è solo la punta dell’iceberg, o si cambia direzione.

Sperimentare con saggezza e buon senso nuove forme di relazioni umane, in armonia coi territori in cui viviamo, significa segnare un chiaro punto di svolta. Attivarsi quindi per ricreare comunità di base fondate sul mutuo appoggio, la solidarietà, il bene comune. Insorgere quando i poteri forti ci mettono con le spalle al muro.

Altri animali


Altri animali
Possiamo paragonare la condizione degli animali costretti a sopravvivere negli allevamenti intensivi con una temporanea prigionia in regime di 41 bis. Questo prima di essere uccisi per alimentare la nostra infinita fame di carne.

Il sistema capitalista in cui viviamo reclude tutti gli animali, umani e non umani, liberi e selvaggi, nelle proprie prigioni. Che sia nel Casteller per gli orsi del Trentino, oppure nei regimi speciali di 41Bis e alta sorveglianza per i ribelli: tutti lottano per la libertà!

Tutto ciò che non rientra nell’utilità produttiva, o che la rallenta, viene segregato ed eliminato. Anche noi umani siamo animali e solitamente non veniamo divorati dai nostri simili.

Troppo spesso però, non siamo pienamente consapevoli che le torture inflitte agli altri animali prima o poi qualcuno le applica al genere umano. Auschwitz insegna. E Israele non impara.

Padroni di servire a casa nostra

Padroni di servire a casa nostra Prima della siccità e dell’attuale disastro ecologico la provincia di Sondrio, cioè Valtellina e Valchiavenna, è stata trasformata in una colonia energetica al servizio delle industrie padane. Impianti idroelettrici costruiti nei primi anni del Novecento e fortemente potenziati dagli anni Cinquanta e Sessanta in poi forniscono circa 5 miliardi di kWh annui con 400 milioni di metri cubi di acque trattenute a monte nelle 56 dighe presenti nelle vallate Retiche e Orobiche. Colonialismo significa saccheggiare le risorse di un territorio a danno dei suoi abitanti, al di là di qualche limitato vantaggio iniziale. Ad esempio la mole di lavoro nella costruzione di queste grandi opere ha occupato molti valtellinesi che non si sono certo arricchiti, evitando però l’emigrazione o la fame.

Padroni di servire a casa nostra.

Ma nelle nostre terre ai confini dell’Impero esiste anche un colonialismo di serie B. Quello turistico. Da decenni a questa parte si è scoperto il fascino della montagna coi suoi paesaggi fiabeschi che incantano la vista. Una boccata di ossigeno e piacevoli ritmi tranquilli per chi è abituato ad una vita lavorativa di stress, circondato da palazzi, quartieri dormitorio, centri commerciali, capannoni, svincoli, tangenziali … Si è però perso da tempo il fascino discreto del fondovalle, sempre più urbanizzato, con capannoni cresciuti come funghi mentre per tangenziali, svincoli e sopraelevate si sta lavorando seriamente sull’onda delle Olimpiadi invernali 2026. Non solo in montagna, ma in ogni zona turistica il territorio viene puntualmente stravolto con forte aumento di prezzi e di affitti a danno dei locali abitanti. I luoghi incantevoli diventano esclusivi per turisti benestanti. Limitati o interdetti ad ogni valligiano poco danaroso.

Con i grandi affari legati alle opere olimpiche arriveranno milioni di euro che finiranno nelle tasche dei soliti noti e di novelli ignoti. Anche in questo caso per i valtellinesi ci saranno dei vantaggi immediati, cioè le briciole, mentre i danni al territorio e all’ambiente saranno perenni. Pensiamo solo al traffico di veicoli e ai gas di scarico già da oggi rilasciati in Valle dai flussi turistici di venerdì all’andata e di domenica al ritorno. Tutto questo per garantire una fluida viabilità nel consumare la Magnifica Terra di Bormio o nel godere del consumismo nell’oasi fiscale di Livigno. La Valtellina è già abbastanza colonizzata. Ci mancavano solo le Olimpiadi del 2026.

Nel frattempo, in questa incerta Primavera… speriamo che piova.