L’astensionismo vince le elezioni

Non ci stancheremo mai di ripeterlo. Vince le elezioni non chi ottiene la maggioranza ma chi prende più voti. Questo fregandosene del fatto concreto che circa il 50 per cento dei potenziali elettori disertino le urne. Vogliono poi falsare le percentuali ottenute da ogni partito calcolando i dati sull’intero corpo elettorale. Se, ad esempio, per ogni 100 elettori un partito ha preso il 24 per cento significa che con la metà dei votanti la percentuale va dimezzata, riducendola a 12 voti. Non bisogna essere dei geni della matematica per capirlo. E l’hanno ben capito i politici che ottengono benefici da ogni tornata elettorale, in questi spettacoli poco entusiasmanti che segnano le schermaglie tra governo e opposizioni. Della recente onda astensionista, infatti, ne parlano poco e male. A differenza dei molti qualunquisti che una volta riposta la scheda nell’apposita urna (funeraria) tornano alla loro indifferenza quotidiana, gli astensionisti hanno un grande merito. Non danno carta bianca a chi durante il proprio mandato si eleva dal corpo elettorale portando avanti gli affari suoi. E’ già un primo passo di libertà rifiutare il perverso rapporto a senso unico elettore/eletto. Il problema è come proseguire con almeno altri cento passi, magari sviluppando una forte idea di bene comune facendosi carico di ogni azione orientata all’uguaglianza sociale. Nel frattempo ci resta una democrazia da operetta dove ministri e burocrati di ogni epoca geopolitica continuano a emettere leggi al cupo suono del codice penale.