Devastazione e saccheggio stanno caratterizzando il rapporto con una montagna sempre più urbanizzata, resa serva e colonizzata da interessi e poteri forti metropolitani. Nel nostro caso valtellinese si parla di Milano, capitale economica d’Italia e motore
di quelle politiche liberiste che poi fanno scuola nel resto del Paese.
Per chi non avesse le idee chiare ricordiamo che liberismo significa favorire le speculazioni
di pochi a danno dell’intera comunità e di un territorio, sempre più violentato
dalle logiche del profitto fine a se stesso.
Cementificare, asfaltare, colonizzare la montagna vuol dire molto semplicemente
ucciderla di morte lenta. Incendi, alluvioni, frane ci ricordano le nostre responsabilità
quotidiane a partire da una classe di amministratori marpioni non certo orientati al bene comune. Se poi è vero che ognuno ha i governanti che si merita, le complicità nella devastazione coinvolgono
ogni ceto sociale.
Anche il silenzio è complice nel permettere il continuo consumo di suolo e la realizzazione di grandi opere spesso inutili e dannose. Gli stessi eventi calati dall’alto, stile Olimpiadi Invernali 2026, sviluppano un colonialismo turistico come pessimo modello economico e
culturale che può solo danneggiare la montagna. Le Alpi che abitiamo andrebbero vissute con rispetto e umiltà, non vanno trasformate nel “paese dei balocchi” per soddisfare i desideri
consumisti di un turismo invasivo, sterile e assai inquinante. In unrapporto di simbiosi, queste montagne hanno fornito risorse vitali, autonomia e rifugio ai nostri antenati che vivevano una dura vita in autosufficienza, curando i boschi, costruendo abitazioni, baite, rifu-gi, muri a secco e terrazzamenti lasciati in eredità alle nostre gene-razioni. E’ un peccato che questo patrimonio stia andando alla malora con l’abbandono delle terre alte per seguire le sirene dell’economia industriale e il mito della città come luogo di liberazione.
Ostacoli alla modernità, resistenti ed accoglienti allo stesso tempo, le montagne, nel corso dei secoli, hanno ospitato eretici, perseguitati religiosi e politici, contrabbandieri, ribelli, profughi, partigiani …
Ci si allarma oggi per l’arrivo di migranti e non si pensa agli innu-merevoli giovani che dopo anni di studio abbandonano le nostre valla-te in cerca di migliori prospettive future.
Altri giovani (pochi) stanno invece coltivando vigne e terreni incol-ti, recuperando antiche sementi locali e cercando di animare cultu-ralmente paesi, frazioni e contrade. Alcuni provengono da fuori Valle lasciando per necessità o per scelta città soffocanti e zone urbani-sticamente degradate.
Che la montagna continui ad essere territorio di accoglienza per tut-ti coloro desiderosi di viverla con rispetto per sopravvivere a tempi sempre più difficili.
La maledizione delle Alpi colpisca invece chi la montagna la devasta e la saccheggia solo ed esclusivamente per accumulare denaro e potere.